Il Rabbino capo di Milano racconta l’esperienza vissuta nella sua comunità durante il primo e il secondo lockdown. Per la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, domenica 17 gennaio alle 16 tavola rotonda sul Qohelet via Zoom
Annamaria Braccini
La XXXII Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, promosso dalla Cei, ferma la sua attenzione sul Libro del Qoèlet, che mette in discussione il senso della vita davanti al comune destino della morte. Oggi per un rabbino – che porta la religione della speranza, così come un prete e ogni ministro del culto – è difficile dare fiducia? A rispondere è rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano che spiega. «È necessario riuscire a comunicare speranza, perché le persone, oggi più che mai, hanno assolutamente bisogno di ricevere messaggi di speranza. Anche noi a livello personale sentiamo questa urgenza, anche perché non possiamo comunicare cose diverse da quelle che sentiamo. Credo che sia un dovere comunicare la speranza, ma soprattutto che dobbiamo viverla, perché questo è un elemento fondamentale. Purtroppo dobbiamo comunicare anche la preoccupazione: non faremmo un buon servizio alle persone dicendo cose che non sentiamo. Di questo sono assolutamente convinto».
Continua a leggere »