Perché nonostante le prove molti credono ancora in menzogne? La risposta di un grande fumettista ebreo
Eleonora Beccari
Oggi più che mai il persistere della disinformazione riesce a rendere coriaceo e tenace un mito o un’idea indiscutibilmente documentato come mera menzogna. Già abbiamo visto, in un precedente articolo, come nonostante diversi studi abbiano assolutamente smentito il legame fra vaccini e autismo, queste idee continuino a infestare il pensiero quotidiano. Sono miti che non vengono disinnescati dal loro disvelamento, persistono e continuano a circolare. Ma soprattutto anche quando si dimostra inequivocabilmente che si tratta di falsi, le persone rimangono con il dubbio che è stato loro instillato. Questo è un meccanismo che non solo ha creato grandi dispute e insensate opposizioni a livello scientifico, come col sopracitato caso dei vaccini, ma spesso queste “bufale” sono state strumentalizzate con grandi conseguenze sia sociali che umane, in grandi eventi che hanno fatto la storia.
A dimostrazione di tutto ciò vogliamo portarvi, come esempi, due capolavori della letteratura a fumetti che oltre ad aver fatto la storia del genere, hanno anche affrontato in maniera impeccabile uno dei più terrificanti esempi di strumentalizzazione della menzogna: la diffamazione della figura dell’ebreo.
Creati dalla mente di Will Eisner, colui che ai più è noto come “il padre della graphic novel”, “Fagin l’ebreo” ed “Il Complotto” sono due novelle grafiche nate da uno studio di quella che Eisner stesso definiva come la “biologia del pregiudizio”.
Figlio di ebrei immigrati in America, dopo aver passato un’intera vita a convivere con questa sua identità e un’intera carriera ad osservare questi stereotipi, Eisner ne fa risalire l’origine ad uno dei più grandi classici della letteratura inglese: l’“Oliver Twist” di Charles Dickens ed in particolare alla figura del personaggio di Fagin, il ricettatore ebreo.