Non si riesce a far passare una legge che vieti a ebrei e musulmani la macellazione rituale? Basta proporre un’etichetta minacciosa. Ma in Gran Bretagna ebrei e musulmani uniti hanno saputo giocare bene le loro carte.
Paolo Pozzi
La deligittimazione della shechità in molti paesi Europei tenta anche di passare attraverso il tentativo di “informazione coatta”, nei confronti del consumatore, relativamente allo stordimento o meno dell’animale prima della macellazione. L’obiettivo è chiaro: buona parte delle macellazioni halal o kasher, per vari motivi, viene destinata al mercato non musulmano e non ebraico. Basti pensare, relativamente al kasher, ai quarti posteriori che non hanno passato la procedura del nikkùr dal nervo ischiatico (גיד הנשה – Bereshit 32, :25) o che sono risultati sì adatti al consumo umano da parte veterinaria ma, per vari motivi, classificati “non kasher”. O, in alternativa, alla produzione industriale di bovini, agnelli e capretti halal in Gran Bretagna, destinati prevalentemente all’esportazione nei paesi islamici, di cui una parte in ogni caso rimane sul mercato interno e indifferenziato.
Un’eventuale etichettatura relativamente al “mancato stordimento” dovrebbe indurre nel consumatore, attento lettore di etichette al supermercato (?!?), un sentimento di repulsione e quindi di rifiuto all’acquisto, con conseguente pressione economica sul venditore di carne che, a sua volta, arriverebbe a preferire carne da “animale stordito” ed a rifiutare – penalizzando commercialmente – il kasher-halal.