Roberto Della Rocca
Alla vigilia di ogni competizione elettorale si riaffaccia con forza la questione del ghiùr, la conversione all’ebraismo, in particolare quella dei bambini di padre ebreo e di madre non ebrea. La questione del ghiur è un problema dell’ebraismo italiano, anche se non solo dell’ebraismo italiano. Ma il nostro, a differenza di altri paesi, è un ebraismo ormai ai minimi termini, e ogni crisi può esserci letale. La questione del ghiùr è stata affrontata troppo spesso da un’angolazione altamente influenzata dal vissuto personale, anzi, influenzata dai molteplici vissuti personali, sfociando spesso in una contrapposizione fortemente personalizzata fra singolo candidato gher e il singolo rabbino a cui è demandato di rappresentare e riconoscere al candidato l’identità ebraica. Questo incontro, che talora è stato un vero e proprio scontro, spesso si è risolto in una polemica improduttiva e distruttiva, a volte inficiata da logiche di schieramento e nelle quali si rischia di confondere le cause con gli effetti.
Un problema dell’ebraismo italiano è l’assimilazione, la perdita di un’ identità forte e vissuta consapevolmente. L’altro problema è quello demografico. Ma il rischio della nostra scomparsa e della chiusura delle nostre istituzioni non può essere risolto con una apertura irriflessa o con conversioni formali. Questa linea non sarebbe conforme alla Tradizione ebraica, e non farebbe neppure il bene di coloro che sono alla ricerca di una coerente e coscienziosa assunzione di identità ebraica. Sarebbero gherim utili solo a risolvere, e solo in parte, un problema demografico. Non si risolverebbe così anche il problema dell’assimilazione e della riassunzione di una identità forte.
I nostri Maestri , anche tra coloro che più si riconoscono nel principio dello “Zera Israel”, “ascendenza ebraica patrilineare”, ribadiscono come i vincoli “etici ed educativi” risultino essere più “specificanti” e “caratterizzanti” di quelli biologici e di “sangue”. Se così non fosse il “ghiur” non potrebbe essere neanche preso in considerazione. In questo senso si sono espressi anche il rav Amsalem e il rav Korsia in occasione dei loro rispettivi interventi su questo tema in recenti edizioni del Mokèd Ucei.