Nuovo libro della filosofa Donatella di Cesare collaboratrice della newsletter L’Unione informa dell’Ucei.
Ugo Volli
Il pensiero ebraico è attaccato al senso letterale di ogni singolo versetto del Tanakh e non vi rinuncia mai, come insegna Rashì, ma nemmeno se ne accontenta. Guarda il testo più da vicino del versetto, interroga ogni singola parola, arriva fino a porsi il problema delle lettere e delle loro particolarità grafiche (Perché la Torah inizia con la bet? E perché vi sono dei punti che sottolineano certe parole, in una ventina di casi? E perché ancora certe parashot sono aperte, cioè separate da uno spazio che arriva fino al margine della colonna e altre no?). E guarda anche assai più lontano, cerca per l’intera Scrittura rime di senso e di espressione, ricorrenze verbali, contrapposizioni e somiglianze, prende ispirazione nei brani aggadici del Talmud e nel Midrash, compone percorsi ermeneutici che ripiegano il Testo in mille corrispondenze capaci di generare senso col crepitio e le scintille di contatti elettrici. E’ un lavoro difficile, che necessita del più grande rigore per controbilanciare la familiarità che inevitabilmente si prende con la linearità del Testo. In esso si trova il piacere intellettuale dello studio e la peculiare sapienza di Israele, ma anche la sua irriducibile originalità rispetto al sapere dell’Occidente, cioè alla filosofia.
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