Una lezione di filosofia politica tenuta in Israele nel 1954 in cui metteva in guardia il nuovo stato dai rischi delle spinte utopistiche
Giulio Busi
Tra Gerusalemme e Atene, in eterna lotta, s’insinua a far da paciere nientemeno che San Tommaso. È il 1954, e Leo Strauss insegna per un semestre all’Università Ebraica. Sono anni stipati di emozioni. Il nuovo Stato d’Israele è sorto da poco, e sembrerebbe il momento giusto per abbandonarsi alle tentazioni dell’utopia. Ma Strauss, da buon “yekke” – ebreo di origine tedesca, è un inveterato bastian contrario.