E’ un acceso dibattito quello in corso in questi primi giorni di Ramadan in Egitto, dove le tv hanno cominciato a trasmettere, tra le tante fiction che affollano i palinsesti nel mese del digiuno, la serie ‘Il quartiere ebraico’. Il telefilm, per la prima volta da 60 anni, traccia un ritratto positivo degli ebrei egiziani, presentandoli come nazionalisti animati da sentimenti antisionisti. I cattivi, nella fiction, sono gli islamisti, primi tra tutti i Fratelli Musulmani.
La storia racconta la vita nel quartiere ebraico del Cairo nel 1948, nel bel mezzo della guerra tra gli arabi e il neonato Stato di Israele. La protagonista è l’ebrea egiziana Laila Horoun, innamorata di un ufficiale ed eroe di guerra musulmano e in conflitto con il fratello ‘traditore’ che ha deciso di trasferirsi in Israele. Nella trama è del tutto ignorato il ruolo dei militari e del futuro presidente Gamal Abdel Nasser, che secondo gran parte degli storici furono promotori della ‘cacciata’ degli ebrei dall’Egitto.
La serie di 30 puntate, sette delle quali sono già andate in onda, per la prima volta rappresenta gli ebrei egiziani riuniti in preghiera in sinagoga o impegnati in una cena di Sabbath. L’ambasciata israeliana al Cairo ha commentato con entusiasmo la fiction, scrivendo su Facebook che “rappresenza gli ebrei nella loro reale dimensione umana”. Ma tra la popolazione il dibattito è acceso.