SPECIALE SHALOM GIUGNO 2014. Sensibilità, formazione, impegno, sono elementi che caratterizzano il lavoro dei rabbanim Chabad e delle Comunità ebraiche, con molte analogie ma anche con molte differenze
David Piazza
A un raduno Moked di qualche anno fa, in una di quelle chiacchierate notturne fuori dagli schemi, un rabbino di una Comunità italiana mi raccontava di come era venuto a sapere che il matrimonio di un suo ex alunno sarebbe stato celebrato non da un rabbino “comunitario”*, ma con grande stupore, da un rabbino Chabad-Lubavitch. Interrogato l’ex alunno, questo aveva risposto di aver passato un brutto “periodo” durante il quale gli capitava di girare disperato di notte e senza motivo e di aver trovato successivamente conforto solo nel poter suonare il campanello di quel rabbino Chabad, che a qualsiasi ora della notte non solo rispondeva, ma scendeva per strada e pazientemente si intratteneva in conversazione con il malcapitato. Mi ricordo che il rabbino “comunitario” aveva concluso il suo racconto con una considerazione ammiccante, dal sapore di una confessione: “Ma se fosse capitato a me, sai dove lo mandavo quello lì?”
Da questo episodio abbiamo già capito che pur trattandosi sempre di rabbini, le differenze tra quelli “comunitari” e quelli Chabad possono essere a volte molto marcate. Proverò allora a elencare qualcuna di queste differenze, ma cerchiamo di sempre avere bene in mente che si tratta solo di generalizzazioni senza alcuna pretesa di scientificità e che ogni rabbino è comunque un caso a parte.