Parashà di Vayetzè
Ishai Richetti – Tempio di via Eupili – Milano
In parashat Vayetze, Yaakov lascia Canaan per raggiungere suo zio Lavan a Charan. Lungo la strada, si sdraia per riposare, proteggendosi con pietre, e fa il famoso sogno degli angeli che salgono e scendono per una scala che arriva fino al cielo. Al risveglio, Yaakov si rende conto che il luogo in cui ha trascorso la notte è un luogo sacro e giura quanto segue: “Se sarai con me … veglia su di me … mi fornirai cibo da mangiare e vestiti da indossare … mi riporterai in pace …e sarai il mio D-o….questa pietra che ho eretto come colonna diventerà una casa di D-o e qualunque cosa Tu mi darai, io Ti darò ripetutamente la decima” (Bereshit 28:20-22). Yaakov, padre della nazione di Israele, può davvero negoziare con D-o? Inoltre, come può promettere di costruire il Beit haMikdash come parte di un patto?
Rashi spiega che le parole di Yaakov sono in effetti parole di umiltà. Yaakov qui sta dicendo a D-o che sebbene abbia promesso di prendersi cura di lui, proteggerlo e farne una grande nazione attraverso i suoi discendenti, spera di rimanere degno di questo grande dono e che farà tutto ciò che è in suo potere perchè i suoi discendenti alla fine costruiscano il Beit Hamikdash. Da parte sua, promette di dare in tzedakà la decima dei suoi beni. Nella sua umiltà, riconosce che tutto ciò che ha e tutto ciò che avrà è un dono di D-o, un dono per il quale esprime la sua speranza di essere degno.
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