Sandro Servi*
È stato detto recentemente che “tradurre il Talmud è impossibile quanto tradurre la Torà”. Giusto, come si potrebbe anche sostenere che “dipingere un fiore è impossibile”, o “descrivere un amore è impossibile”. Tuttavia queste operazioni vengono compiute: operazioni parziali, imperfette, ma non disutili.
Chi potrebbe affermare che l’immenso lavoro portato a termine in cinquant’anni da rav Adin Even Israel (Steinsaltz) con la sua traduzione in ebraico moderno, o che l’altrettanto ciclopico lavoro degli editors della ArtScroll, nella loro edizione americana, non abbiano avuto un impatto rivoluzionario sull’ebraismo mondiale aprendo le porte del Talmud a decine o centinaia di migliaia di studiosi, o di semplici studenti?
Più banalmente, chi di noi – e siamo tutti convinti che la Torà sia intraducibile – potrebbe sostenere che la traduzione della Bibbia in oltre 2500 lingue non abbia cambiato la Storia dell’Umanità?
Tradurre il Talmud è un’impresa enorme: non so se, e quanto, noi ci riusciremo. È una sfida culturale entusiasmante. Non a caso tutti i redattori il cui lavoro sto coordinando, fra tutte le difficoltà, e anche le frustrazioni, dovute ai tanti ostacoli da superare, tutti, mi dicono che, passata la prima fase di stupore e di timore, vengono presi da una passione, da una gioiosa commozione che permette loro di superare le fatiche e i disagi del loro lavoro, umile e insostituibile.