Il rapporto tra ebraismo e identità collettiva in Israele è un fattore ineliminabile del conflitto politico. Ashkenaziti, mizrachim e nazional-religiosi lottano tra loro e contro i laici per affermare la propria verità. Impossibile separare la confessione dallo Stato.
Eliezer Ben-Rafael

1. Il principio dell’unità tra religione e popolo è sempre stato un codice primario dell’ebraismo e l’affinità del sionismo ai valori tradizionali ebraici ampiamente documentata. Il giudaismo tradizionale, che attinge direttamente dalla Bibbia e dal Talmud, presenta una particolare enfasi sulla fede e sul suo legame con il popolo ebraico, visto come più importante elemento della sua unicità collettiva. Secondo un famoso detto attribuito a Sa’adiah Ga’on, «gli ebrei sono un popolo solo grazie alla loro Torah». Tra i comandamenti religiosi, inoltre, figura la lealtà alla Terra di Israele sia come passato sia come destino del popolo, implicando che gli «altri» non ebrei siano «alieni». Tuttavia, il monoteismo e l’universalismo della fede implicano un’altra fondamentale convinzione: gli ebrei testimoniano l’insegnamento di Dio. La tensione tra il particolarismo del popolo di Dio e l’universalismo di quest’ultimo è «risolta» dall’idea che la nazione ebraica, attraverso la sua redenzione, redimerà anche il resto del mondo. Questo è il significato del concetto di «popolo prescelto», incaricato di redimere l’umanità osservando gli obblighi divini al suo interno.
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